Last Updated on 7 November 2023 by Cycloscope
Pedalare in inverno, nei luoghi più freddi del mondo
viaggio in Siberia: intervista a Dino Lanzaretti
Pedalare in inverno non è piacevole per tutti, in molti aspettano l’arrivo della stagione mite per tirare fuori la bici dal garage, anche solo per usarla per andare a lavorare, figuriamoci poi, per fare dei lunghi viaggi in bici. C’è chi però, il freddo lo ama, a chi non basta più un normale inverno, chi va alla ricerca dell’inverno più freddo del mondo, chi decide di fare un viaggio in Siberia, in bici.
Non ci stanchiamo mai di ribadire che il cicloturismo è per tutti, chiunque può prendere una bici e partire, fortunatamente questo messaggio pare stia passando, e sempre più gente decide di provare l’ebrezza del viaggio in bici, persino in Italia, paese tradizionalmente lontano da questo stile di viaggio. Il cicloturismo è per tutti, ma non tutti i viaggi in bici sono uguali, certi richiedono una determinazione ed un coraggio non comuni, tra questi c’è di certo la Siberia in inverno, difficile immaginare un viaggio più estremo.
Dino Lanzaretti questo coraggio l’ha avuto, e la sua determinazione l’ha portato a pedalare l’inverno più freddo del mondo, superando difficoltà e rischi che i “normali” cicloviaggiatori come noi difficilmente riescono persino a concepire.
Abbiamo chiesto a Dino di raccontarci un po’ di cose su di sé, su questo viaggio e sulla sua storia di cicloviaggiatore, e questo è quello che ne è venuto fuori.
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Ciao Dino e grazie per aver accettato questa intervista, innanzi tutto raccontaci qualcosa di te e del tuo rapporto con il viaggio in bici. Da dove vieni? Quanti anni hai? Quando hai cominciato a viaggiare in bici?
Sono nato 40 anni fa a Santorso, in un piccolo paesello ai piedi delle Dolomiti, in provincia di Vicenza. A vent’anni ho preso su lo zaino e ho cominciato a scorrazzare per il mondo sull’onda dei vecchi fricchettoni degli anni sessanta, poi un bel giorno in India ho scoperto l’amore per la montagna e da quel momento mi sono dedicato anima e corpo all’alpinismo.
Ho cominciato a fare spedizioni in ogni angolo del pianeta per salire le montagne più alte, nello zaino non avevo più libri e abiti etnici ma ramponi e piccozze. Ho presto capito, però, che non avevo la stoffa dell’alpinista temerario senza paura e ho quindi cercato una via alternativa alla mia felicità. Volevo continuare a fare fatica per assaporare il gusto di arrivare da qualche parte e la bici mi sembrava qualcosa di interessante. Ho avuto in regalo una bicicletta scassata da 100€ e sono partito a caso per l’Asia. Dalla prima pedalata è stato amore allo stato puro. Da allora non sono più sceso da una bicicletta!
Tra tutti i viaggi fatti (elencaceli un po’) qual’è stato il tuo preferito e perché?
Ad oggi ho pedalato più di 70.000km attraversando l’Indocina, il Tibet proibito, le Americhe, il Medio Oriente, l’Africa e ora la Siberia fino a casa. Non ho dubbi su quale sia il viaggio migliore, sicuramente il prossimo.
Parliamo un po’ del tuo ultimo viaggio, dall’estremo est della Siberia fino all’Italia, illustraci il percorso, le motivazioni, e dicci quale parte del percorso ti ha emozionato di più e perché.
Per illustrarvi il percorso faccio prima allegando un video delle strade che ho percorso
Avevo bisogno di una destinazione nuova, di un luogo a me sconosciuto, volevo imparare un’altra volta come cavarmela in un ambiente mai visto prima, volevo tornare a studiare un nuovo modo di viaggiare. Dopo tutti quei chilometri fatti fino ad oggi avevo bisogno di ritornare un novellino, di rimettermi in gioco. Viaggiare su terre più facili aveva cominciato ad annoiarmi. Per questo ho voluto provare ad attraversare le terre più gelide del pianeta, semplicemente per pura curiosità.
L’emozione più grande non la potrò mai identificare, sono stato mitragliato tutti i giorni da sensazioni così intense e nuove che fare una scelta mi è impossibile. Potrei dirvi l’arrivo a Yakutsk dopo 2200km a -50°C ma svilisce di fonte a quella notte in tenda con i nomadi in Mongolia. In determinate situazioni di stanchezza e fatica un sorriso di un bambino che incontri per strada può davvero commuoverti e scatenare una gioia tale da essere paragonata all’emozione di arrivare sull’Everest.
Pedalando come facciamo noi è davvero facile lasciarsi sconvolgere da quello che ci capita per strada, basta un incontro, una situazione difficile superata, un tramonto rosso fuoco ad alleviare tutte le fatiche del giorno, abbiamo scelto la bicicletta perché siamo dipendenti dalle emozioni e non è per me importante individuare la più intensa.
Quali sono le maggiori difficoltà nel viaggiare in bici in inverno? Cosa cambia quando le temperature scendono così tanto sotto lo zero?
Credo che fino a -30°C non cambi poi molto se si è ben equipaggiati, pedalare è piacevole e si può dormire in tenda senza troppe difficoltà se si hanno materiali da alpinismo d’alta quota. Esiste però un muro invisibile contro il quale sbatti di faccia quando le temperature scendono oltre i -35°C. E’ una soglia percepibile anche senza bisogno del termometro perché tutto cambia in un secondo.
L’aria comincia a pizzicare le narici e respirare è doloroso, le pupille cominciano a congelare e bisogna sbattere in continuazione le palpebre per non rimanere accecati, il fiato che esce dalla bocca congela all’istante e ricade sul corpo ricoprendoti di ghiaccio. In bici si è sommersi dalla neve anche se non sta nevicando ma la tragedia avviene in tenda quando l’umidità del corpo congela le parete interne e il sacco a pelo compromettendo enormemente la capacità isolante.
Per fondere la neve poi, ci vuole molto ma molto più tempo e togliersi gli ingombranti guantoni per maneggiare l’attrezzatura è molto pericoloso e spesso dolorosissimo. Riuscivo a rimanere solo con il guanto da lavoro per meno di 30 secondi dopo di che urlavo per il dolore dei geloni. Inoltre anche la benzina congela e accendere il fornello diventa impossibile. In più, la plastica, diventa prima dura come il marmo e poi fragile come il cristallo e quindi diventa difficile maneggiare qualsiasi parte dell’equipaggiamento
Di cosa ti nutrivi?
Mentre ero in Siberia diciamo che mi sono nutrito troppo poco e infatti ho perso abbondantemente più di 10kg. Comunque riuscivo a mangiare delle fette di salame e una specie di pane secco che spezzavo in piccoli pezzi. Acquistavo sempre cibo per 10/15 giorni tipo salami interi, zucchero, cioccolata, biscotti, avena per la colazione.
Il problema era che si congelava tutto e quindi mi mettevo un salame congelato dentro al sacco pelo quando andavo a dormire, al mattino era scongelato e quindi riuscivo a tagliarlo a fette che si congelavano all’istante in mano, e poi le tenevo al caldo dentro gli stivali in modo da poterle addentare mentre pedalavo.
Per bere fondevo neve al mattino e per due litri d’acqua impiegavo più di due ore con il fornello acceso. La cioccolata mi ha aiutato moltissimo ma l’arma segreta è stata l’avena che consumavo a quintali durante l’unico pasto caldo del giorno ovvero la colazione, mentre scongelavo la neve.
Cosa succede ad una bicicletta a quelle temperature? Quali sono i maggiori problemi meccanici?
Tutto quello che è in plasticata si distrugge e tutto ciò che è lubrificato s’inchioda. Quindi ho sostituito ogni particolare in plastica con l’alluminio e ho comprato uno speciale grasso per temperature estreme che ho usato per i cavi, per i cuscinetti e per la catena.
A -55° però anche le molle dei cambi non funzionano più molto bene, ma il problema non è stato gravissimo perché non ho quasi mai cambiato marce. Poi non bisogna mai toccare la bicicletta con solo il primo strato di guanti perché, essendo in acciaio, ci si può ustionare.
Che copertoni hai usato?
Ho usato gli insuperabili Schwalbe Marathon Winter, chiodati non pesantemente ma spaventosamente affidatili. Poi ho incollato il copertone al cerchione per impedire che slittassero uno sull’altro danneggiando la valvola. Una foratura a temperature così estreme può essere davvero molto molto pericolosa.
Pedalare e campeggiare quando tutto è ricoperto di neve. Che consigli daresti a chi volesse provare?
Il primo consiglio che mi sento di dare è che bisogna starci bene sulla neve, io vengo dall’alpinismo e la neve è un mio elemento da molti anni. Ho fatto molte esperienze in alta quota e in ambienti estremi. Detto ciò l’impiego di materiali d’alta qualità non solo fa la differenza tra un’avventura emozionante ed un incubo, ma nel mio caso ha fatto la differenza tra vivere o morire.
Per prima cosa c’è bisogno di un buon sacco a pelo e quindi si deve assolutamente investire in un prodotto per alpinisti in piuma d’oca, ad oggi rimane ancora il migliore materiale isolante. Poi bisogna tenere i piedi al caldo. Io uso degli speciali stivali costruiti per le spedizioni ai poli che resistono a temperature di -100°C ed è indubbiamente il migliore investimento di tutto il mio viaggio.
In molti casi la tenda non serve perché si evita di trattenere l’umidità del proprio corpo che poi ricade inevitabilmente sotto forma di ghiaccio sopra il sacco a pelo, quindi bivaccare all’aperto può fare la differenza. Serve però un buon materassino per tenere il corpo più lontano possibile dal terreno ghiacciato, io di solito ne uso due, uno dei quali gonfiabile, visto che l’aria è il migliore isolante in assoluto.
Serve ovviamente un buonissimo fornello multi fuel, l’unico modo per avere acqua è fondere neve. E’ incredibile quanto sia lungo questo processo e sto parlando di ore e ore ogni mattina con il fornello spinto a massima potenza. Questi sono i materiali fondamentali per il freddo cosiddetto “normale”.
Per chiunque volesse viaggiare in Siberia in pieno inverno… è meglio che ci facciamo una chiacchierata davanti ad una buona birra perché lì le cose sono dannatamente più complicate ed oltre al materiale più fico del mondo c’è bisogno di molta ma molta determinazione.
Sono sicuro che i nostri lettori saranno molto curiosi riguardo l’equipaggiamento utilizzato. Puoi farci una lista? Cosa ti è servito di più e cosa invece si è rivelato inutile?
Anche qui finirei domani se vi facessi una lista e allora qui un video che illustra come ero vestito.
Ovviamente ogni cosa che avevo con me è stata indispensabile per la buona riuscita del viaggio ma la mia sopravvivenza è dipesa da alcuni strumenti in particolare. Il fornello è indubbiamente la cosa più importante per non morire, è l’unica fonte di calore e grazie ad esso si riesce a bere e a mangiare, io ne avevo ben 4 con me, onde evitare qualsiasi imprevisto.
Ma durante una notte a -60 si sono rotti tutti e 4, le guarnizioni in gomma sono andate in frantumi. Utilissimo è stata anche una protezione in alluminio che ho usato tutti i giorni per cercare di trattenere il più possibile il calore del fornello, qui un video per rendere meglio l’idea.
Per il fuoco serve una pietra focaia perché fiammiferi ed accendini non funzionano a queste temperature. Ne avevo 4 con me in caso le perdessi tra la neve. La cosa meno usata sono state le batterie di riserva perché si sono congelate immediatamente diventando inutilizzabili.
Momento peggiore e momento migliore di quest’ultimo viaggio?
Momenti davvero difficili ce ne sono stati tanti mentre ero in Siberia, ho avuto paura di morire più di una volta, specialmente di notte in tenda a -60°C con il sacco a pelo avvolto dal ghiaccio. Ho trascorso diverse notti obbligandomi a rimanere sveglio per il timore di non risvegliarmi il giorno dopo. Ho addirittura supplicato l’attacco di un’orso semplicemente per abbracciarlo e sentirne il calore.
Quando ho rotto i fornelli la disperazione mi ha assalito ma poi sono riuscito a mettere tutto in ordine e ad imparare giorno dopo giorno come sopravvivere a quelle temperature estreme e sopratutto a non commettere errori fatali. Il momento migliore, come dicevo prima, non lo posso e non lo voglio individuare, è stato un viaggio tanto meraviglioso quanto difficile e ogni situazione di felicità assoluta è stata figlia di altrettante situazioni difficilissime.
Qual’è stato il tuo budget per questo viaggio? Come lo hai finanziato?
Questo viaggio è stato costosissimo per il materiale tecnico che ho dovuto acquistare. Non sopravvivi con un equipaggiamento scadente e quindi ho fatto un grande investimento iniziale. Però poi ho speso davvero pochissimo dormendo praticamente sempre in tenda tranne nelle grandi città in cui mi fermavo negli ostelli. Posso dire che il mio budget si aggira sempre intorno ai 5$ al giorno.
Mi pago i viaggi spaccandomi la schiena come cuoco in Italia durante la stagione estiva e, siccome lavoro 12 ore al giorno, non ho il tempo di spendere quello che guadagno, così al momento della partenza ho sempre il necessario. Io non ho mai chiesto un supporto a sponsor o a qualche mecenate perché mi sembra di inquinare la mia libertà, preferisco fare una valanga di ore al lavoro e non dipendere in alcun modo da nessuno.
Andando un po’ indietro negli anni c’è un altro tuo viaggio che possiamo considerare abbastanza estremo, l’attraversamento “non-autorizzato” del Tibet. Ce lo vuoi raccontare?
Ho attraversato tutto il Tibet da ovest ad est, ovvero da Kashgar a Kunming, in 6 mesi di assoluto sterrato e superando passi ad oltre 5000 metri. Per entrare nel Tibet proibito dallo Xinjiang ho dovuto oltrepassare più di dieci posti di blocco con i favori del buio, mi appostavo nei pressi dei presidi militari e riuscivo a strisciare sotto le transenne mentre tutti dormivano.
Poi ne ho dovuti superare altri dieci per uscire dal Tibet e ritornare nello Yunnan, in Cina. Fatalità all’ultimo posto di blocco mi hanno visto per un banale errore e sono stato arrestato. Con il pagamento di una ridicola tangente di 20$ sono stato rilasciato, in quanto nessuno sapeva cosa farsene e come gestire uno straniero in bici in quelle remote terre.
E’ stata un’esperienza unica, ho attraversando tutta l’Himalaya vivendo con i nomadi tibetani e rimanendo da solo per mesi interi. Più che un viaggio è stata una sorta di meditazione quotidiana e il paesaggio, unico al mondo, ha contribuito alla mia assoluta felicità.
La continua fuga dalle autorità cinesi, come il gatto con il topo, ha reso questo viaggio difficilissimo da un lato ma davvero degno di un’avventura epica dall’altro. Un’avventura che mi ha legato indissolubilmente a questo modo di viaggiare, aggirando regimi e scavalcando confini solo per la pura voglia di andare a vedere cosa c’è al di là di quella curva.
Lo rifaresti?
Ripartirei domani. Purtroppo però i cinesi hanno intensificato i controlli alle frontiere e inasprito le pene per gli stranieri scoperti in Tibet senza i permessi speciali.
So di decine di altri cicloviaggiatori che hanno tentato di intrufolarsi sull’altopiano ma ad oggi non c’è più riuscito nessuno. Io sono stato fortunato perché l’inverno aveva chiuso i passi di montagna e le auto non sono riuscite ad inseguirmi.
Credo di essere stato l’ultimo occidentale libero ad avere avuto la fortuna di riuscirci. La primavera dopo chi ci ha provato è stato pesantemente respinto al primo posto di controllo appena dopo Kashgar.
Quale tra questi due viaggi (Siberia e Tibet) ti ha provato di più? Sia dal punto di vista fisico che da quello emotivo?
Senza alcun dubbio la Siberia, in Tibet non ho mai temuto per la mia vita mentre le prime settimane in Siberia pedalavo con la paura seduta sul palo. Però quest’ultimo viaggio è senza dubbio figlio di quella idilliaca esperienza in Tibet, là ho realizzato che la solitudine e l’ambiente estremo mi erano congeniali e la voglia di spingermi sempre più oltre é nata tra i templi buddisti e le sconfinate distese di montagne.
C’è qualcosa, nella tua esperienza di cicloviaggiatore, di cui ti sei pentito e che rifaresti diversamente?
Nel 2010 ho pedalato con un ragazzo ipovedente dall’Italia fino in Uzbekistan su un pesantissimo tandem. Le nostre motivazioni per quel viaggio erano in netto contrasto e l’ispirazione per pedalare fino all’altro capo del mondo non aveva la stessa intensità. Il risultato è stato che il mio sogno si é trasformato in un incubo dal quale non potevo uscire perché sponsor e famiglie si aspettavano altro da noi.
Da quella brutta esperienza sono uscito ripartendo immediatamente per la Patagonia e rinnegando qualsiasi aiuto esterno per ogni mio viaggio. Non credo lo rifarei diversamente, partirei semplicemente da solo come prevedeva progetto originale. Quindi, a biglie ferme, è stata un’esperienza tristissima ma quello che sono oggi è passato anche da lì.
Quali sono per te i punti a favore del viaggiare in solitaria? Quali invece gli aspetti negativi?
Come voi, anch’io ho viaggiato in coppia e devo dire di aver trascorso momenti davvero incredibili e intensi. Il mio più grande difetto, però, è che sono già sulla strada da un sacco di anni e ho maturato il mio personale modello di viaggio con tempistiche, ritmi e priorità per me inviolabili. E’ logico che ora è molto più difficile adattarmi ad un altro ritmo, diverso dal mio.
La cosa in assoluto fondamentale per viaggiare in coppia è partire da zero insieme così da sviluppare la perfetta progressione del viaggio scaturita dalle esigenze e dai piaceri di entrambi. Per me cambiare ora è difficile perché ho scelto questa vita per essere il più libero possibile e facendo dei compromessi mi sembrerebbe di tradirla.
E’ bellissimo viaggiare in due solo che è molto più difficile che farlo da soli secondo me. L’unico aspetto negativo di viaggiare in due è che a volte ci si basta e non ci si apre alle altre persone. Una coppia sta insieme e si fa molta compagnia, se sei da solo sei più ispirato a conoscere altre persone. Non c’è dubbio che quando viaggio da solo incontro molte ma molte più persone di quando viaggio in coppia.
Dove sei adesso, e quali sono i tuoi prossimi piani?
Adesso sono tornato a casa da quasi un mese ed è come se avessi svuotato sul tavolo un puzzle da 20.000 pezzi, ora sto cominciano col costruire il bordo. Voglio aiutare altri come noi ad intraprendere i viaggi che cambieranno le loro vite. Oggi rispondo ai messaggi sui social di chi ha dei dubbi su attrezzatura e strade, voglio cominciare seriamente a pubblicare dei video dove metto a servizio quello che ho imparato in questi 70.000km.
La mia vita è cambiata da quando ho inforcato la bicicletta per viaggiare. Per questo mi piacerebbe che tutti fossero felici come me e quindi voglio essere il vento alle spalle di chiunque abbia in se il desiderio di partire.
Ancora in cerca di ispirazione?
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