
In Kyrgyzstan: lago Song Kul. Viaggiando in bicicletta lungo la Via della Seta.
Il Cicloturismo in Kyrgyzstan é stato meraviglioso, il giro del lago Issyk Kul é stato incredibile e i World Nomad Games un’esperienza indimenticabile. Ora é tempo di un po’ di fatica, andiamo a scalare il punto più alto del nostro viaggio, sino ad ora.
Song Kul é un lago alpino situato a 3000 msl, nella Provincia di Naryn. E’ usato, probabilmente da millenni, come jailoo estivo (accampamento), dove i nomadi fanno la transumanza. Per arrivarci dobbiamo valicare un passo a 3,400 metri. Vediamo come va…
Come siamo arrivati dal lago Issyk Kul al lago Song Kul
Oggi lasciamo il nostro amato lago Issyk Kul, attraversiamo Balykchy, “ridente” paeselllo, una volta meta di turismo sovietico (si dice così?), ora abbandonata a sè stessa.
Davvero un posto bruttino ma in qualche modo affascinante, almeno se piace il genere. Notiamo che c’è un sacco di gente sbronza, e sono solo le due del pomeriggio. Vivere qui deve essere abbastanza desolante.
Vaghiamo alla ricerca di un bancomat a cui piaccia il Bancoposta ma non è gradito a nessuno. Ci avviamo verso Kochkor, paese teoricamente più grande dove speriamo i bancomat siano più amichevoli.
Passata Balykchy si alza un vento forza mille contro di noi, si pedala al massimo ai 10 all’ora e io ogni tanto vengo sbatacchiata di qua e di là. Inizio a pensare che un trailer come Extrawheel sia meglio delle borse davanti.
Ricominciamo a costeggiare il nostro amato fiume Chui e ci fermiamo a dormire in un bel praticello sulla riva, sotto un grande ulivo. Anche se c’é la solita spazzatura lasciata da chi viene qui a fare un picnic.
Domani inizieremo la salita al lago Song Kul , speriamo che il vento cambi direzione, sarebbe la prima volta in cinque mesi.
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Laciamo il nostro fiumicello e partiamo alla volta dei monti, la strada è bella, sia paesaggisticamente sia dal punto di vista dell’asfalto.
Arriviamo a Kochkor, ultimo posto “civile” prima di proseguire verso il lago. Visitiamo tutti gli Atm del paese e ne troviamo uno che accetta la Postepay, massimo prelievo 100 Euro e 5 di commissione.
Rischi dello stare troppo a lungo nello Jailoo
Entriamo in un uno dei tanti uffici turistici per chiedere se ci sono ancora yurte sul lago. Vista l’altitudine la sera sarà freddo ed è meglio avere un piano B in caso la tenda non sia abbastanza (la nostra non é invernale)
Ci viene detto che le yurte, in Kyrgyzo Boz Uy, che significa letteralmente casa grigia (dal colore del feltro che le ricopre), ci sono ancora, anche se la stagione é quasi finita.
Molti dei pastori nomadi Kyrgyzi sono in realtà semi-nomadi, vivono nelle yurte solo durante l’estate, quando vanno a fare pascolare gli animali in montagna.
Le pecore vengono trasportate con i camion mentre i cavalli vanno da soli, la transumanza può richiedere giorni, e se qualcosa va storto durante la discesa, per esempio una nevicata, possono perdere il lavoro di una stagione intera, gli animali possono perdere il grasso e persino morire.
Nonostante ciò, alcuni pastori corrono il rischio, rimanendo più a lungo nello Jailoo (l’accampamento di yurte), nella speranza di fare qualche soldo in più grazie ai turisti che salgono sin qui. E’ una scommessa, ma sono soldi per una famiglia Kyrgyza nomade.
Aquile, Cinesi e posti per campeggiare
Ripartiamo continuando a seguire la meravigliosa strada made in China e il paesaggio si fa davvero montuoso, grandi pareti verticali da tutte le parti. Ma sempre abbastanza brulle.
Siamo di nuovo vicino al fiume. Vediamo qualche magnificente aquila e qualche operaio cinese che ci saluta con grandi sorrisi. Sembrano molto più amichevoli dei montanari kirghizi.
L’unico problema è che non ci sono molti posti per la tenda, c’è poco spazio e quello che c’è è pietroso. Arriviamo a 2200 metri e troviamo un posticino per la tenda, non è il massimo ma fino ad ora non abbiamo visto di meglio.
Con coraggio lavo nel fiume due felpe che abbiamo trovato per la strada, mi si blocca la circolazione delle mani. E’ come mettere le mani nel ghiaccio. Ma almeno abbiamo qualche vestito pulito adesso.
La strada per Song Kul

Ripartiamo, sempre in salita, ma mai troppo ripida. Arriviamo al paesino di Sary Bulak, giriamo a destra e fra pochi chilometri dovremmo incontrare il bivio per il lago e anche l’ultimo paesino dove fare provviste.
Con nostro estremo dispiacere, per non usare altre espressioni più volgari, dobbiamo abbandonare la strada cinese e prendere quella kirghiza.
Il cartello dice Song Kul 50 chilometri. Asphalt nietu. L’inizio è verticale e dobbiamo per forza spingere le biciclette.
Inoltre, la strada diventa presto uno washboard. In pratica è uno sterrato pietroso composto da tante piccole onde, è come guidare un martello pneumatico. Le bici soffrono, noi pure.
Passiamo più tempo a spingere le bici che a cercare di pedalare, anche quando la strada è piana. Ci si consola un po’ guardando il paesaggio ma non per molto. Ci si shakera anche il cervello.

Arriviamo a 2500 metri ed inizia una discesa, nemmeno il tempo di dire “per fortuna” e ci accorgiamo che è un inferno. Tenere la bici “dritta” è difficilissimo, molto peggio della salita, visto che si va più veloci. Alla fine della salita inizia una strada asfaltata che porta al paesello. Evviva, speriamo migliori.
Ci sono tre magazin ma praticamente non vendono niente. Caramelle e sigarette. Compriamo pane e acqua, ieri abbiamo comprato del formaggio a Kochkor e qualche scatoletta di mais.
Ripartiamo, l’asfalto finisce ancor prima del paese e ricomincia la strada infernale. Vorrei dire che la tizia dell’ufficio turistico ci aveva detto che questa era una “VERY GOOD ROAD”! Vorremmo veramente farle una telefonata di ringraziamento.
Alla nostra sinistra c’è il fiume che attraversa tutta la valle, i posti per campeggiare non mancano. E neanche le case, anche dopo quello che è l’ultimo posto abitato prima del lago, cioè per almeno 50 chilometri, ci sono casette di pastori che vicuna qui tutto l’anno. Case di fango e paglia. Houses made of mud and stray.
Ricominciamo a salire, sempre 80% spinta e 20% sui pedali. E’ un incubo, vogliamo andare a chiamare qualche operaio cinese, nel giro di una settimana farebbero certamente una bellissima strada anche qui.
Solo che questa strada non porta in Cina quindi non credono siano interessati. In una giornata intera siamo riusciti a fare neanche 20 chilometri su questa strada. Ci fermiamo a dormire lungo il fiume, a 2700 metri e domani speriamo di raggiungere il lago.
Faticando e barando arriviamo a Song Kul

La notte passa tranquilla, pensavamo di avere freddo ma è andata bene. Fuori c’erano un paio di gradi ma la nostra tenda si è comportata bene. Al nostro risveglio c’è una bella giornata di sole. Almeno in questo siamo fortunati. Ma la strada, se possibile, peggiora.
La salita diventa più verticale, è una distesa di pietre. Siamo a 3000 metri, il passo prima di scendere al lago, è a 3400 e pensiamo davvero o di non riuscire a farlo in una sola giornata.
Mentre siamo nel mezzo dell’ennesimo spintonamento biciclette passa un furgone, il tizio abbassa il finestrino e scherzando mi chiede se voglio caricare la bici! Ma io lo prendo sul serio è gli grido “pajalsta” (per favore) così lui si ferma e ci carica!
Song Kul jailoo: trovare una urta dove passare la notte

E così gli ultimi 3km li facciamo in furgone, Anche per lui la strada non è facile, va pianissimo. TLoro stanno andando a sud del lago, probabilmente la loro yurta è lì.
Ci chiedono se vogliamo andare con loro ma ci facciamo lasciare al bivio per la strada che porta al lago, dove si trova un Jailoo (accampamento di yurte). E da dove si prende la strada a nord del lago.
La nostra idea è quella di girare attorno al lago e poi di riprendere la strada a sud. Prendiamo il sentiro verso il lago, che è sempre uno sterrato, nel senso che è di terra. Ed è molto meglio della pietraia. Vediamo le prime yurte. E anche il lago.
Arriviamo dopo 8 chilometri all’accampamento, sembra che stia per piovere, così, anche se sono le due, ci fermiamo a dormire qui. Andiamo verso una yurta dove non sono parcheggiati pulmini turistici. Costa 500 som a testa con prima colazione. In totale circa 13 euro.
Per la cena vogliono 200 som a testa, finalmente del cibo caldo. La nostra yurta è bella, con tanti shirdak colorati, c’è una stufetta alimentata da sterco di mucca.
Direi che dopo due giorni sulla strada terribile ci meritiamo un po’ di relax. Facciamo una passeggiata sul lago, c’è molto vento. Sulla riva una barchetta che sembra abbandonata, ma forse no.
Come costruire una yurta in Kyrgyzstan: anatomia di un Boz Uy

Ci sono pochi turisti e probabilmente questo è il periodo migliore per visitare il lago, sempre se si è fortunati con il meteo.
Poco più in là vediamo che stanno smontando una yurta e andiamo a curiosare. In realtà si tratta di un “gioco” per i turisti russi che dormiranno lì.
Devono smontare e rimontare la yurta. Sono una decina di persone ma in pratica fanno tutto i due kirghizi.
La yurta è composta da un piccolo tetto a forma di ruota (quella che è raffigurata nella bandiera del Kyrgystan) nel quale si infilano i bastoni. Tutto attorno alla yurta c’è un “recinto” circolare, sempre in legno, dove i sudetti bastoni vengono legati.
Ovviamente la porta. E poi si mette il feltro a ricoprirla tutta. Niente metallo, solo legno, corda e stoffa. Non c’è pavimento ma grandi tappeti.
Con i turisti russi c’è anche un italiano che ha trovato un passaggio per raggiungere il lago. Anche a piedi non è facile, i taxi sono costosissimi e, in effetti, vista la strada, capiamo il perchè.
Ci invitano per una vodka, con questo freddo ci sta proprio. La signora della casa sta preparando la cena, sul fuoco c’è un grande pentolone, la ricetta è tipica, una capra intera bollita…nouvelle cuisine
Una cena nomade e dormire nella yurta

Torniamo alla nostra yurta, la signora della nostra ha suonato per un po’ l’ukulele di Daniele e ora sta andando a prepararci la cena. Per noi zuppa di verdure, patate e cremotte varie. Più povera ma più ricercata. E una tonnellata di tè.
Dopo cena ce ne andiamo felici nella nostra yurta, prepariamo i materassi e il letto, le coperte sono pesanti per fortuna e la stufetta scalda davvero. Ed è sicuramente ecologica. Mi sembra un metodo che tutti dovrebbero adottare. Perchè, non meno importante, lo sterco secco, non puzza.
Ci addormentiamo felici mentre fuori piove, sentiamo il vento fortissimo. Oggi una tizia russa mi ha detto che è prevista una tempesta di neve dopodomani. Speriamo di riuscire ad attraversare il lago domani in modo da ritrovarci in un posto “civile” se dovesse arrivare la tempesta.
Un’improvvisa tempesta di neve cambia i nostri piani

Al nostro risveglio colazione a base di uova, marmellate, pane e tè.
Ma c’è anche un’altra bella scoperta fuori dalla yurta, pare che la bufera stia arrivando con un giorno di anticipo. Fa freddissimo. Ci sono almeno 15 gradi meno di ieri. E abbiamo la febbre.
Ci convinciamo che, non sapendo bene com’è la strada, non è il caso di avventurarci. Se venissimo sorpresi dalla bufera potrebbe non essere divertente. Inoltre lo sterrato con la pioggia, o peggio, la neve, diventerebbe una poltiglia fangosa.
Dobbiamo trovare un passaggio per scendere da lì. I russi se ne sono già andati. Dietro la nostra yurta, invece, è parcheggiato un camion, che è stato trasformato in un autobus e che ha portato lì dei turisti. Non ci resta che provare a chiedere. Gli autisti sono un ragazzo ed una ragazza inglesi e ci daranno un passaggio! Evviva!
Ci invitano nella loro yurta per il pranzo, che purtroppo hanno cucinato loro. Devo dire che gli inglesi non hanno speranze in fatto di cibo. C’è una pasta fredda, congelata, con dentro dei pomodorini interi, cetrioli, un sacco di prezzemolo e altre cose che non voglio ricordare.
Come autostoppare un Dragoman truck

Verso mezzogiorno ce ne andiamo. Il camion-bus si chiama Dragoman, in pratica si prenota online e lui ti porta in giro per il mondo. In pratica è una cosa venduta come avventurosa che avventurosa non è. Si va negli alberghi già prenotati, orari fissi, si mangia all’orario stabilito.
Insomma, l’unica cosa diversa è che si tratta di una camion, ed è, diciamo, economico. Per il resto è un semplice viaggio tutto compreso e tutto organizzato. Detto questo, é probabilmente la maniera più facile ed economica di viaggiare al di fuori dei luoghi super turistici.
L’importante, per noi, è che possiamo caricare le bici e tornare con loro a Kochkor, diamo un passaggio anche a due vecchietti kirghizi. Anche per il camion la strada non è facile, ci imbattiamo nella tempesta di neve, gradi circa 0, ieri ce n’erano 30.
Arriviamo a Kochkor verso le 16, ci sentiamo un po’ infreddoliti e con la febbre. Così ci fermiamo a dormire nella guest house dove vanno i dragomani.
La più costosa del paese direi, 800 som a testa con colazione, più di 11 euro. Ma domani ci daranno un passaggio fino a Bishkek quindi non abbiamo molte alternative. Facciamo una doccia calda e andiamo a dormire.

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