Last Updated on 27 January 2025 by Cycloscope
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La Cina può essere difficile da attraversare, ma ne vale la pena, vi raccontiamo la nostra esperienza con la polizia cinese, come e perché si può essere arrestati. Datong, Qinghai, Cina.
Io pedalo, sono dietro, vedo Daniele fermato da un militare lungo la strada. Aveva la GoPro accesa. Non si possono fare foto qui. Va bene, pensiamo sia finita così, accendiamo il pc, gli facciamo vedere le ultime foto e le cancelliamo così sono contenti.
Il tizio che ci ha fermato é un ragazzetto che parla solo cinese. Chiama qualcuno, il suo “capo” immagino, che parla un po’ inglese. Dice che siamo in una zona “proibita” ma non c’é nessun cartello che ce lo dica e sono indicati posti di interesse turistico ovunque, in inglese.
Dopo una litigata infinata e un bello spintone rifilato a uno che mi continuava a toccare la bici dicono che dobbiamo fare una qualche dichiarazione nella quale ci scusiamo di essere lì (?), va bene, e dichiarazione sia.
Arriva la macchina della polizia che ci scorta all’ufficio dove dobbiamo dichiarare tutto il nostro itinerario sin lì e che non sapevamo che questa città fosse proibita agli stranieri.
Che poi il perché non l’abbiamo ancora capito, probabilmente per le minoranze che ci abitano e fantomatiche zone militari di cui ci continuano a parlare sti sbirri.
E ci dovrebbe essere anche una centrale nucleare qui vicino. E poi il fatto che abbiamo attraversato lo Xinjang proprio non gli piace.
In realtà in Cina non potresti andare per conto tuo, il concetto di viaggiare senza tour organizzati non piace al governo.
Puoi essere catapultato al centro turistico x e poi al centro y ma non vedere cosa c’é nel mezzo. Perlomeno in questa zona di Cina dove di cinesi ne vivono pochi.
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Passiamo ore dentro l’ufficio della polizia con il militare che fa l’interprete. Scriviamo la dichiarazione, firmiamo con tanto di impronta digitale.
Ci chiedono almeno in 4 o 5 perché siamo entrati dallo XInjiang e sembrano non capire che quella regione é grande 1/4 di Cina ed é l’unico confine possibile se si entra da ovest.
Continuiamo a dirlgi che é tardi e che dobbiamo andare a Xining prima che sia buio ma niente. Alla fine ci dicono che a Xining ci accompagnano loro. Sembrano molto gentili, ci offrono l’acqua.
Pensiamo che in questa città sia proibito passare e basta. Ci guardano le foto scattate in questi giorni, compresa quella con lo sbirro sorridente che evidentemente non era a conoscenza di essere in una zona proibita agli stranieri.
Ci caricano con tutte le bici su una macchina della polizia, sulla macchina siamo in 6! Andiamo a XIning e ci parcheggiano ad un altro ufficio della polizia, il PSB (Public Security Bureau), dove avremmo dovuto rinnovare il visto.
C’é un ragazzetto pure qui che parla inglese e ci dice che la maggior parte della regione é proibita agli stranieri per via delle aree militari segrete.
Lo ringraziamo per averci parlato delle aree militari segrete di cui non sapevano niente prima che ce ne parlasse lui.
Ci rifà tutte le domande già fatte, perché eravamo lì, se abbiamo delle mappe delle zone militari e altre paranoie del genere. Troppi film di spionaggio.
E poi non siamo neanche americani! Poi ci dice che dobbiamo lasciare le bici, i passaporti e tutte le nostre macchine foto e video e telefoni lì perché devono controllare tutte le schede sd! Gli diciamo che lì c’è roba dall’Italia e che la cosa potrebbe richiedere parecchio tempo! Niente da fare.
Ci portano in un’altra parte dell’ufficio per la dichiarazione/interrogatorio. La stanza ha una sedia dove possono legarti mani e piedi e in un’altra stanza ho visto un attrezzo per darti la scossa ai piedi.
Non a noi certo, siamo occidentali! Ma sei sei tibetano o musulmano o solo antigovernativo non saprei. Le stanze delle torture confessionali comunque sono aperte.
In Italia quando la polizia ammazza qualcuno di botte cerca di nasconderlo, invece qui no. Mi fanno sedere su una sedia “normale” e mi rifanno di nuovo le stesse domande.
Finito l’ “interrogatorio” il poliziotto ci accompagna all’ostello dove siamo praticamente agli arresti domiciliari fino a che non avranno controllato tutte le nostre foto e video.
Arrivati all’ascensore il poliziotto deve correre in bagno, é bianco come un cadavere e suda! Corre in bagno e poi ci raggiunge all’ostello.
Dice che ci chiamerà qui domani per dirci quando possiamo riprendere le cose. Il giorno dopo nessuno ci chiama, é venerdì.
Andiamo direttamente all’ufficio della polizia e il nostro amico ci dice che si tratta di molto materiale da controllare, chi l’avrebbe detto!
Le nostre cose cose si trovano in un altro ufficio preposto al controllo di queste cose e che lui li ha chiamati ma loro il fine settimana non lavoro quindi dobbiamo aspettare fino a lunedì. Sclero.
Oltretutto hanno i nostri passaporti e non possiamo andare da nessuna parte, le bici sono lì e noi siamo costretti a pagare l’ostello. Potrebbero ospitarci loro almeno! Ci aspetta un allegro week end nella capitale del Qinghai.
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Andiamo a visitare il museo della regione dove sono rappresentate tutte le minoranze che vivono nella regione, usi e costumi e quanto sono felici di appartenere alla grande Cina. Il museo é inspiegabilmente gratuito.
E’ molto carino e c’é anche la storia di quella che chiamano la Pompei cinese, durante un’alluvione un villaggio é finito sommerso ed hanno ritrovato, pochi anni fa, gli scheletri degli abitanti abbracciati. Poi ci sono bei dipinti e diverse cose sulla minoranza Tu che sembra proprio un bel popolo colorato.
E’ lunedì, oggi pomeriggio la polizia dovrebbe farci sapere qualcosa. Nell’attesa ce ne andiamo al tempio nord, un tempio taoista incastonato nella montagna, non sembra nemmeno che a pochi metri ci sia l’autostrada e una grigia città cinese.
Xining un tempo doveva essere una bella città, abbiamo visto delle vecchie foto in un bar, c’erano ponti di barche sul fiume Giallo che attraversa la città, é in mezzo alle montagne e c’erano belle case tradizionali.
Tutto é stato raso al suolo per costruire palazzoni giganti, brutti e riconoscibili tra loro solo per via del gigantesco numero identificativo che portano sul fianco.
Il tempio invece ci regala qualche ora di pace, notiamo che i monaci si fumano un sacco di sigarette. Il tempio é gratuito perché pare non essere turistico. In giro infatti vediamo molti fedeli.
Ci arrampichiamo fino alla cima e una volta scesi sentiamo della musica provenire da tempio più in basso. I monaci stanno facendo una qualche cerimonia, cantando e suonando.
Rimaniamo lì a vedere la cerimonia che é davvero autentica. Siamo molti felici, lasciamo una piccola offerta ad una dea con la coda di pesce sperando ci aiuti.
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Andiamo alla polizia, attraversiamo il ponte sul fiume giallo che sembra davvero zozzo, non oso immaginare più a valle. Al PSB nessuna novità, dobbiamo aspettare almeno fino a domani, forse mercoledì.
Il poliziotto ammette persino che é stato un errore del governo cinese non avere messo un segnale che avvertisse del divieto di passare per quella città. Continuiamo a dirgli che il nostro visto scade il 5 luglio e ce lo devono rinnovare altrimenti non possiamo uscire in tempo.
Depressi andiamo a mangiare il solito piattone di roba gigante a pochi euro.
Il giorno dopo andiamo al mercato Hui, ovviamente non abbiamo nessuna foto. Gli Hui sono i cinesi musulmani.
E’ un bel mercato, al centro la moschea, vendono di tutto, anche peni di maiale. Mangiamo per la prima volta i ravioli al vapore, dico senza carne e capiscono, sono ripieni di carote e molto buoni, la pasta assomiglia a quella del pane al vapore.
A Xining é pieno di negozi che vendono il Caterpillar Fungus. Lo abbiamo incontrato più volte da Urumqi e non avevamo ancora capito di che si trattava. In pratica è un verme morto a causa di un fungo che esce dalla sua testa.
Si trova in montagna solo nel mese di maggio (ce lo spiega la proprietaria dell’ostello) e costa tantissimo. E’ secco e si mangia perché fa bene a tutto, dalla virilità alla cura del cancro.
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Arrivati a mercoledì, dopo quasi una settimana siamo esauriti e quasi senza soldi. Chiamiamo l’ambasciata italiana, il tipo che ci risponde é gentile. Dice che proverà a chiamare la polizia ma che non possono fare pressioni.
Stranamente, dopo 10 minuti la polizia chiama e dice che possiamo andare a riprendere le nostre cose. Andiamo di corsa a riprendere le nostre cose, il tizio le prende da sotto un divano.
Ho l’impressione che non si siano mai mosse da lì e che nessuno abbia controllato le nostre foto. Ma per l’estensione del visto non c’é verso, possono estenderlo solo fino al 15 luglio, assolutamente non abbastanza per arrivare a Qinghdao.
Scopriamo anche che il nostro visto é di tipo M, business e non L, turistico e in teoria non potrebbe nemmeno essere esteso.
Contattiamo Serik, dell’agenzia kazaka, lui dice che ha richiesto un visto turistico e che é un errore dell’ambasciata cinese e i cinesi dicono che é l’agenza kazaka ad averlo richiesto perché il visto business costa meno.
Non sapremo mai quale sia la verità. Andiamo alla stazione di Xining, all’ufficio spedizioni c’é una ragazza molto carina che grazie al traduttore nel telefono riesce a parlare con noi.
Lasciamo qui le bici che verranno spedite oggi a Qinghdao mentre noi facciamo il biglietto per domani sera alle 11, oggi non c’era posto.
Trenta ore di treno hard seat (sul sedile) ci porteranno dall’altra parte della Cina, arriveremo il 5 luglio e prenderemo un traghetto per la Sud Corea, dovre potremo liberamente stare per 3 mesi.
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E’ arrivato finalmente il nostro ultimo giorno a Xinig, decidiamo di andare a fare un giro ad un templio fuori città con ragazzi conosciuti in ostello.
Siamo noi, un ragazzo irlandese che insegna inglese, un ragazzo cinoamericano che insegna inglese pure lui, una loro amica cinese e dominique, il francese che dorme nella nostra camerata in viaggio dalla Francia.
Prendiamo due autobus, ci vuole circa un’ora e mezza per arrivare e se non ci fosse stato qualcuno che parlava cinese con noi forse non saremmo mai arrivati.
Il templio é sconosciuto al turismo per fortuna, é gratis e quindi autentico. L’ultima parte di strada é sterrata ma la stanno asfaltando, segno che fra poco ci sarà un parcheggio e si pagherà anche qui.
Compriamo dello yougurt di latte di yak con zucchero sopra da alcune signore fuori dal templio. Siamo a quota 2800 metri, il templio é meraviglioso, tra le montagne, dall’alto si vede il tetto dorato del templio principale.
I monaci sono molti carini e uno di loro vuole farci vedere un video in inglese su un Buddha vivente ma non lo trova nel telefono. Ne avrebbe bisogno soprattutto la ragazza cinese che non sa nemmeno chi sia Buddha.
Intorno alle 17 ce ne andiamo, l’ultimo autobus era quello che aveva lasciato noi alle 13 e 30. Prendiamo un taxi e poi di nuovo l’autobus per Xining. Ci mangiamo una pallina gommosa ricoperta di semi si sesamo e prepariamole nostre cose per i prossimi giorni in treno! Alle 21 e 45 prendiamo un taxi per la stazione, le nostre biciclette saranno ormai a metà strada.
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