
Arriviamo nella bella Kagoshima, la Napoli del Giappone. Niente pizza e caffé, ma una città sul mare dalla quale si vede il vulcano, Sakurajima. Il vulcano é dall’altra parte della baia di Kinko.
Durante l’eruzione del 1914, una delle più violente, ha congiunto l’isola del Kyushu con la penisola Osumi. Arrivati ai piedi del vulcano andiamo al centro informazioni dove per la prima volta incontriamo un giapponese che parla inglese.
Vediamo un documentario che parla della storia della città e della sua relazione con il vulcano e cogliamo la prima grande differenza con Napoli: qui in caso di eruzione sono preparati.
Hanno costruito grandi canali in cemento che portano lava e fiumi di fango al mare salvando la città, rifugi lungo le strade per i cittadini e ovviamente un piano di evacuazione rapido.
Inoltre, non meno importante, ci mostrano con orgoglio il libro dei Guinnes dei primati: Kagoshima ha sfornato la rapa più grande del mondo, ben 31,5 kg. C’é una foto del fiero contadino con la superrapa in braccio.
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Tornando al vulcano, non si può raggiungere la vetta ma andiamo in bici al punto di osservazione a 373 metri, da qui si vede il picco nord, più vecchio e quello sud, più nuovo e attivo.
Riscendiamo e percorriamo il sentiero in mezzo alla colata lavica sul mare, incontriamo la statua di un cantante urlante messa qui a seguito di un concerto al quale hanno partecipato 70.000 persone.
Proviamo a fare un bagno ma non è facile, ci sono tante alghe e il porto vicino non rende l’acqua invitante. Dormiamo in un gazebino con vista sul vulcano.

Lungo la costa vediamo il vulcano da tutte le parti, fuma. Ci fermiamo lungo la costa nei pressi di un “punto informazioni” dove ci sono le terme libere per i piedi.
Mettiamo la tenda sotto un albero nel vicino parcheggio come ci consiglia un vecchio hippie che sta lì con il furgone a dipingere e vendere quadri ai turisti. Mangiamo con i piedi nell’acqua calda e facciamo un giro nel market che vende prodotti tipici.
Ci sono cose bellissime e fumettose, biscottini con faccine, alla fine non resistiamo e prendiamo una confezione con tre fette di torta, somiglia alla ciambella.
Poco prima del tramonto il vulcano erutta. Ci sono state circa 700 eruzioni quest’anno.

Al risveglio, con i piedi in ammollo, troviamo un ciclista giapponese di Osaka, Masahito. E’ molto carino e ci risentiremo di sicuro quando arriveremo ad Osaka.
La strada litoranea é abbastanza piatta, proviamo a fare un bagno anche qui ma l’acqua é unta. In compenso vediamo un buffo animaletto che cammina/striscia velocissimo sott’acqua. Il vulcano Sakurajima si vede ancora maestoso.
Lasciata la strada litoranea proseguiamo fino a Kirishima, un paese grande di campagna, qui incontriamo Daniel, un insegnante di inglese (e chi l’avrebbe detto?).
Sua moglie é giapponese e lavora in un albergo con terme, per un attimo speriamo ci ospitino lì ma niente purtroppo. Ci consiglia di fare la strada lungo il fiume e viene con noi per una decina di chilometri.
La strada é bellissima, sale piano piano e anche se siamo a 100 metri d’altezzo sembra di essere sulle Alpi. Boschi incontaminati a destra e a sinistra.
E terme ovunque, sono molto economiche, alcune costano meno di un euro ma fa ancora troppo caldo per le terme.
Ci fermiamo a mangiare delle uova sode cotte nell’acqua termale e salutiamo Daniel.

la strada inizia a salire un pochino, siamo a 300 metri. Scendiamo per una stradina ripida seguendo dei cartelli piccoli e sgarrupati che indicano una cascata e un templio buddista.
Troviamo la cascata, bisogna guadare un fiume, dall’altro lato, nel bosco, ci sono piattaforme abbandonate per i pic nic. L’atmosfera é un po’ tetra, siamo circondati da un bosco di alti pini e che diventa poi un bosco di bambù.
Anche il sentiero che porta alla cascata é in stato di abbandono, la cascata é bella, circa 30 metri ma non possiamo dormire qui, sarebbe complicato con le bici e non c’é spazio per la tenda.
Andiamo un po’ più avanti lungo la strada e ci mettiamo in un prato vicino ad una risaia. C’é parecchia umidità, la tenda é tutta bagnata al risveglio.

Risaliamo la ripida stradina, io a spinta e Daniele in bici. Lungo la strada le zanzare ci divorano. Tornati sulla strada principale comincia la vera salita, incontriamo una ragazza simpatica all’ufficio informazioni.
Ci dà le solite mappe inutili, sono fatte male, non é chiaro dove sono i posti perché ci sono solo fumetti (molto carini ma poco utili) e sono solo in giapponese. Comunque la strada per il lago Onami é questa, e noi vogliamo arrivare lì. E’ un lago in un cratere vulcanico.
La salita si fa pesante, ad un certo punto mi arriva una ghianda in testa ed ho come la sensazione che me l’abbia tirata una scimmia.
Attraversiamo una zona piena di hotel ed onsen (terme) abbandonate, forse a causa dell’eruzione del 2011.
Quando il vulcano Shinmoedake, dopo 52 anni, si é svegliato esplodendo violentemente e danneggiando edifici fino a 8 km di distanza. Molti di questi edifici hanno i vetri rotti a causa dell’esplosione probabilmente. Da allora il sentiero che portava al cratere é chiuso, fino a poco anni fa era un bel lago in un cratere spento. Ora é un lago di lava.

Ad un certo punto, sulla sinistra della strada vediamo fumo, ci sono pozze di fango ribollente all’aperto, inferno dantesco. C’é un fiume caldo, o meglio bollente vicino. Proviamo ad immergere un dito ma il bagno non si può fare.
Dopo una bella faticata arriviamo all’inizio del sentiero per il lago Onami, lasciamo le bici nel rifugio (in caso di eruzione) e ci incamminiamo. Il percorso é di 40 minuti, il lago é bello ed é avvolto da un silenzio che sembra innaturale anche se é la cosa più naturale che ci sia.
C’é un sentiero che circumnaviga il lago ma siamo troppo stanchi, contempliamo. Torniamo nel rifugio a montare la tenda, posto più sicuro nei dintorni non c’é.
Siamo a 1100 metri, mentre andiamo a riempire le bottiglie d’acqua al bagno dall’altro lato della strada dei cerbiatti attraversano la strada, uno é un cucciolo e si inchioda al centro della strada a guardarci, penso fosse la prima volta che vedeva un umano perché era davvero meravigliato

Passano un paio di macchine, una coppia di vecchietti ride nel vederci dormire nel rifugio. Mangiamo spaghetti conditi con cose improbabile che neanche scrivo perché me ne vergogno…però erano tanti.
Più riposati andiamo verso l’Ebino Plateu, 4 km di salita tranquilla. Parcheggiamo le bici e saliamo sul monte dal quale si vede il cratere dell’eruzione del 2011, circa un’ora di cammino.
La vista é meravigliosa, epicità. Salendo si vedono altri 3 laghi nei crateri e anche il lago Onami che da qui é bellissimo. Sulla sinistra c’é un cratere spento e sulla destra quello del 2011, esce fumo che con il vento viene portato dentro il cratere spento vicino a noi.
Siamo arrivati appena in tempo perché poco dopo il nostro arrivo il vento cambia e il fumo copre completamente il cratere non lasciando vedere più nulla.
Probabilmente la sera si riesce a vedere il lago di lava.Inizia a piovere, scendiamo per 15 km, all’inizio il paesaggio é molto diverso dal solito, niente boschi, pascoli e colline poi ricomincia il bosco.
Non incontriamo macchine, attraversiamo il paesino di Ebino con la sua campagna che sembra uscita da un disegno dello Studio Ghibli. Risaie e terra nerissima e il vulcano che si vede ovviamente anche da qui.
Si continua a scendere, piove. Ci fermiamo a mangiare tardi, alle 16, a Kobayashi, non avevamo trovato niente per pranzo lungo la strada.
Prendiamo una strada lungo il fiume e mettiamo la tenda sotto la tettoia di una legnaia di fronte ad una fabbrica avvolta nell’edere che sembra abbandonata. Di notte piove ma noi siamo all’asciutto. Siamo felici.
