Numero 72: Alfonsina Strada

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Alfonsina Strada fu la prima, e unica, donna a correre il Giro d’Italia maschile nel 1917, dei 90 partecipanti solo 30 arrivano al traguardo, e tra loro c’era Alfonsina.

Nell’Italia dei primi del ‘900 l’uso della bicicletta viene ostacolato da molti; secondo l’antropologo Cesare Lombroso nel suo saggio “il ciclismo nel Delitto” la bicicletta avrebbe favorito la delinquenza, la Curia proibisce ai preti di pedalare, a Roma e a Milano era vietato andare in bicicletta dopo il tramonto. E se poi era una donna ad andare in bicicletta lo scandalo era garantito.

Alfonsina Morini nasce nel 1891 a Castelfranco Emilia, paese rurale allora in provincia di Bologna. Seconda di nove figli. Genitori analfabeti. Dopo qualche anno la famiglia si trasferisce a Fossamarcia, vicino Castenaso. Nel 1901 al padre Carlo viene regalata una vecchia bicicletta dal dottore del paese. A quei tempi erano davvero in pochi ad avere una bicicletta.

L’Italia non era come la Francia, dove la bicicletta era diventata un simbolo dell’emancipazione femminile- Nel 1896, a Ostend, in  Belgio, aveva avuto luogo il primo campionato del mondo (vinto dalla Belga Hélène Dutrieux). A quei tempi, a casa nostra, le donne in bicicletta erano viste come manifestazione del diavolo dalla Chiesa.

Nonostante questo a Bologna si contavano 7.000 biciclette sulle 100.000 dell’intera nazione. Era in questo contesto che Alfonsina, la domenica, diceva ai genitori di andare a messa e invece partecipava alle corse in bicicletta di nei paesi vicini. E spesso vinceva contro i maschi. Una volta vinse un maiale, che viste le ristrettezze economiche della famiglia non era per niente male.

Iniziò ad allenarsi con regolarità e, nel 1907, andò a Torino, dove era da poco nata l’Unione Velocipedistica Italiana che includeva diverse cicliste donne, che destavano meno scandalo rispetto ai paesi di campagna. Qui Alfonsina corre sia in strada sia in pista.

Nonostante queste prime aperture l’opinione pubblica, fomentata dalla stampa dell’epoca continuava a dare giudizi negativi che rispecchiavano in pieno la mentalità maschilista dell’epoca, nel 1910 La Stampa Sportivascriveva “ non abbiamo alcuna simpatia per la virago, la donna che fa 200 km filati in bicicletta, che voga come un canottiere di professione. Questo non è più esercizio salutare adatto alle potenzialità della donna. E’ acrobatismo femminile: roba che dobbiamo colpire severamente ”.

Nel frattempo, nel 1911, Alfonsina conquista il record mondiale dell’ora di velocità femminile, con 37,192 chilometri l’ora superando quello stabilito otto anni prima dalla francese Louise Roger. Nel 1915 legalizza la sua unione con Luigi Strada, cambiando così nome in Alfonsina Strada.

Nel 1917, pochi giorni dopo la disfatta di Caporetto, vista la scarsità di partecipanti la Gazzetta accoglie la domanda di Alfonsina di correre il Giro di Lombardia, poté così correre con campioni come Girardengo e Pellissier, Thys e Belloni.

Ma l’occasione della vita arrivò nel 1924, un anno speciale per il Giro d’Italia, nato nel 1909. Per questioni economiche le case più prestigiose decisero di boicottare la gara non iscrivendo i più famosi campioni del tempo come Girardengo e Brunero. La Gazzetta dello Sport allora, fu costretta ad inserire, oltre ai professionisti, anche i dilettanti. Courgnet e Colombo, gerarchi del foglio rosa, si aggrappano ad ogni appiglio per compensare lo smacco.

In questa ottica va considerata la partecipazione di Alfonsina. Era solo una trovata pubblicitaria. In moltissimi andavano a vedere passare il Giro solo per vedere questa strana donna che correva in bicicletta. Poteva lavarsi solo dopo tutti i ciclisti maschi. Parte da Milano tra le critiche. Il Guerin Sportivo le dedicò una canzone, La Girina:

Alfonsina non ti scoraggiar,
se tu fori siamo in mille,
pronti il buco ad otturar 

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Dopo le prime tappe Alfonsina sorprende anche se stessa. Tiene botta, non è ultima (54 su 57), già 32 uomini si sono ritirati. Per di più, il Giro è infernale. 3618 chilometri. Le strade in molte zone del Paese sono poco più che strisce di fango. Si cade, si fora, si perdono ore. Nella Foggia-L’Aquila di 304 km arrivano le aguzze vette dell’Abruzzo, con il temibile Macerone. Dopo una caduta rovinosa, Alfonsina sostituisce il manubrio rotto con un manico di scopa preso in prestito da una massaia. Verso Perugia, la sorprende il diluvio. Arriva fuori tempo massimo. Ma la giuria le permette di continuare la corsa come fuori gara. Ormai è un’attrazione.

A Fiume, al termine della tappa più lunga di quel Giro: 415 km da Bologna all’Istria, Alfonsina si sfoga con la stampa che finalmente smette di definirla un frivolo “diavolo in gonnella”, apprezzando il coraggio della donna. “Ma che dovevo fare? La puttana?Ho un marito al manicomio che devo aiutare, ho una bimba al collegio che mi costa 10 lire al giorno. Ho le gambe buone, i pubblici di tutta Italia (specie le donne e le madri) mi trattano con entusiasmo. Ho avuto delle amarezze, qualcuno mi ha schernita, ma io sono soddisfatta e so di aver fatto bene”.

Il Giro si conclude con la vittoria di Giuseppe Enrici dopo il duello con Federico Gay. Dei 90 corridori partiti solo 30 arrivano a Milano. E Alfonsina è tra loro. Negli anni successivi venne negata ad Alfonsina la possibilità di iscriversi al Giro. Lei però partecipa ugualmente per lunghi tratti, come aveva fatto al suo esordio, conquistando l’amicizia, la stima e l’ammirazione di numerosi giornalisti, corridori e degli appassionati di ciclismo che continuano a seguire le sue imprese con curiosità.

Rimasta vedova di Luigi Strada, Alfonsina si risposa a Milano, il 9 dicembre 1950, con un ex ciclista, Carlo Messori, con l’aiuto del quale continua nella sua attività sportiva fino a che non decide di abbandonare lo sport agonistico. Ma la sua passione per la bicicletta non viene meno. Apre, infatti, a Milano, in via Varesina, un negozio di biciclette con una piccola officina per le riparazioni. Rimasta di nuovo vedova nel 1957, manda avanti da sola il negozio.

Corre l’ultima volta nel 1956 a sessantacinque anni, una corsa per veterani, che vinse. Morì nel 1957, rimasta sola con i suoi gatti, cadendo mentre cercava di mettere in moto la sua Guzzi 500. Il Giro d’Italia femminile nasce solo nel 1988, in Francia non esiste ancora un Tour de France femminile. Per una documentazione più completa su Alfonsina qui il libro di Paolo Facchinetti “Het roerige leven van Alfonsina Strada: de enige vrouw die ooit de Giro reed“.

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