Cicloturismo in Romania: un’altra Europa

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Un avventuroso viaggio in bicicletta in Romania. Il sesto Paese del nostro Viaggio, pedalando da Drobeta Turnu Severin a Brezoi.

Cycling into Romania from Serbia

Donji Milanovac – Putinei

Continuiamo a seguire il Danubio.
Oggi fa abbastanza caldo ma la strada è piuttosto ombreggiata grazie agli alberi alla nostra destra.
Sono le salite, ovviamente, sono SEMPRE al sole. Dopo una ventina di chilometri di solo bosco e Danubio ci fermiamo a mangiare il solito pane e formaggio in una cosiddetta “area attrezzata”. Oltre ai camionisti arrivano anche altri ciclisti, anche loro attrezzatissimi.

Lei ha un trailer con dentro un figlio di sei mesi e mezzo e lui una bici con tandem reclinato davanti per l’altro figlio più grande, credo di circa quattro anni. Alla faccia di quelli che dicono che quando si hanno dei figli non si può fare più niente. Stavano andando in Macedonia e Grecia e anche loro campeggiavano liberi nei boschetti. Per la prima volta vediamo dei ciclisti più carichi (in senso di kg) di noi. Ripartiamo, ci sono un pò di tunnel non illuminati ma tutto tranquillo. Tutti ci dicevano di stare attenti al traffico e ai tir ma un tir che passa ogni cinque minuti non può essere considerato traffico per un italiano.

Poi c’è una salitella piuttosto impegnativa che io prontamente affronto a piedi.

Finalmente arriviamo alla frontiera. Anche se in realtà ci dispiace parecchio lasciare la Serbia. Ci sarebbe piaciuto restare più tempo in diversi posticini e vederne altri. Natura bellissima, gente fantastica, birra buona!

Invece siamo qui sul ponte che ci separa dall’Unione Europea, e dobbiamo aspettare. Ci sono dei mezzi al lavoro per togliere tutta la spazzatura dal fiume arrivata in seguito all’alluvione (c’è una diga quindi tutta la spazzatura è bloccata lì).

Cicloturismo in Romania

Dopo la frontiera eccoci in Romania. Il nostro incontro con questo nuovo paese si può riassumere così: traffico, traffico e traffico! Non ci eravamo più abituati!

E cani! In giro o stecchiti lungo la strada.
Dopo una decina di chilometri arriviamo a Drobeta Turno Severin, una cittadina abbastanza grande, e anche bella. Ci sono molti parchi e aree verdi. Ma brutta atmosfera. Troppa gente “alla moda”, saluti e non ti rispondono nemmeno.

Insomma, vogliamo andare via subito (e tornate in Serbia). Usciamo dalla città, dopo uno stabilimento industriale abbastanza rettiliano ci sono delle colline e dormiamo lì, nel pascolo delle pecore. Sullo sfondo camini industriali. Bucolicità e post-moderno.

Colonne infinite e uova di dinosauro

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Putinei – Targu Jiu

Alle 8 del mattino ci sono già 36°. Benessum!
La partenza è una salita inaccollabile! Dopo 6 chilometri vogliamo solo un autobus che ci porti a Targu Jiu. Manco a dirlo la salita a piedi. Ci fermiamo a mangiare un gelato e riproviamo. Per fortuna inizia presto la discesa e poi pianura, ancora per poco. Ci fermiamo a mangiare a Motru. Piove, per fortuna, i gradi passano da 40 a 20 ed anche le altre salite si affrontano molto meglio. Gli ultimi 20 chilometri sono pianura.

Arriviamo a Targu Jiu, patria natale di Brancusi. Appena arrivati in città ci fermiamo in un bar per chiedere se c’è la connessione internet. Non c’è, ma in compenso c’è una bambina di circa sei anni che canta musica tradizionale, bravissima. Dall’esterno si sentiva la voce ma non si poteva proprio immaginare venisse da una bambina di sei anni. Andiamo a vedere “la colonna senza fine”, scultura di Brancusi in un parco della città.

Poi ci troviamo una stanzetta e siamo parecchio fortunati.  Il ragazzo che ci lavora fa anche siti internet quindi ha una connessione velocissima che ci permette di inviare tutto il materiale video/foto realizzato sino ad ora. Il ragazzo della pensione era molto simpatico, ha un cugino che vive a Randazzo quindi gli daremo qualche contatto per quando andrà a trovarlo, così magari si farà un tour non turistico della Sicilia.

Targu – Jiu Horezu

Oggi il tempo non è un granchè. E per fortuna, quando ci sono le salite 20° sono sempre meglio di 40°. Le previsioni dicevano che avrebbe dovuto piovere tutto il giorno ma niente, neanche una goccia. Lungo la strada ci fermiamo in un baretto dove incontriamo un po’ di persone simpatiche. Praticamente le prime da quando siamo in Romania.

Ripartiamo, stando sempre attenti ai cani, che qui sono dappertutto. Non si capisce se sono di qualcuno oppure no. I cancelli sono quasi sempre aperti. Comunque cambia poco. I ciclisti non gli piacciono molto. Di Scoppio ce n’è uno solo! Se ci si ferma e si prosegue per un po’ a piedi dopo un po’ la smettono di puntarti le caviglie e abbaiarti contro. Ma quando sono più di due fanno un po’ paura. Arriviamo in un bel posticino per dormire.

Anche in Romania i boschi non mancano, siamo all’interno di un parco nazionale. Dormiamo vicino a quelle che sembrano, e sicuramente sono, gigantesche uova di dinosauro fossilizzate. Anche se il cartello dice che si tratta di sabbia che si è cementificata risalente a sei milioni di anni fa. Ci siamo presi un po’ di pioggia ma siamo riusciti comunque a cucinare.


Horezu – Valea Lui Stan

Stamattina piove. E mi fanno un po’ male le gambe. Si parte per Valea Lui dove dovremmo fare la prima parte del nostro reportage, ma le associazioni a cui abbiamo scritto e che si dovrebbero occupare della minoranza rom non ci hanno degnato di nessuna risposta quindi non sappiamo come andrà a finire.

Anche oggi è un sali e scendi ma non fa caldo. Iniziamo a costeggiare un fiume Alt che passa fra le montagne, come in un canyon. Una macchina che stava sorpassando nell’altra corsia , e per di più in una curva coperta, stava per fare un frontale con me! Non mi ha proprio visto. Ho pensato che sarei morta di lì a cinque secondi. Il tipo ha inchiodato e per fortuna è andata bene.

Ci fermiamo per una birra a Brezoi, vicino a Valea Lui Stan, dove dovrebbe essere la sede dell’associazione fantasma, con la speranza che qualcuno ci “impezzi” e ci faccia mettere la tenda nel suo giardino ma niente. Il paese è deserto. Credo che stasera ci sia la partita Romania-Albania, forse il motivo è questo.

Brezoi è diverso dai paesi incontrati fino ad ora. Sia le case sia la struttura del paese sono diversi. E c’è la radio in filodiffusione ovunque. Sei costretto a sentire la musica e la stazione radio scelti da non sappiamo chi, forse dal sindaco in persona.

Dopo quattro chilometri arriviamo a Valea Lui Stan, sono poche case lungo il fiume. Non abbiamo visto neanche un bar, solo bambini che ci sono corsi incontro e qualche ragazzino, oltre agli immancabili carretti trainati da cavallo. E’ quasi buio, non ci possiamo fermare adesso. Montiamo la tenda fra la strada e il fiume, domani staremo qui e vedremo com’è la situazione e la gente.

La comunità Rom di Valea Lui Stan

Stamattina ho trovato il terzo quadrifoglio del viaggio. Non li cerco ma mentre cammino mi capita spesso di vederli. Questo l’ho visto vicino al fiume dove abbiamo dormito. Un fiume molto bello, acqua bassa e trasparente, però ghiacciata. Peccato che il prato circostante venga usato come discarica.

Passa qualche macchina e qualche carretto. Tutti ci ignorano anche se dormiamo praticamente a duecento metri dal “centro del paese” che è un bar senza insegne con di fronte una scuola nel cui prato sono parcheggiati cinque o sei cavalli.

Decidiamo di andare a prendere un caffè e di vedere com’è la situazione. Dopo il bar c’è una stradina sterrata a destra che il nostro navigatore dice essere il vero centro del villaggio. Appena girato l’angolo due ragazzi e un signore che potrebbe avere quarant’anni ma anche sessanta ci dicono di non andare perchè lì sono tutti tzigan mentre loro sono rumeni, anche se è evidente che anche loro sono Rom. Solo non vogliono dire di esserlo.

Andiamo al bar a prendere un caffè e, come immaginavo, nel giro di un paio di minuti arriva un sacco di gente. Nessuno parla inglese. Ma in qualche modo ci capiamo. Rumeno e italiano sono molto simili.

Cicloturismo in Romania: un'altra Europa 5

Abbiamo lasciato la tenda montata e siamo usciti con le bici e naturalmente tutte le borse. Un paio di ragazzi si parlano nell’orecchio, stanno pensando ad un modo per fregarci qualcosa, ma un po’ troppo ad alta voce.

Insomma, un po’ troppo evidente. Abbiamo una profonda conversazione con gli abitanti del villaggio, dicono che Daniele è sicuramente impotente perchè alla nostra età dovremmo avere almeno sei figli. Proponiamo scambio di bici con due cavalli, ma niente…dovremo continuare a pedalare!

Alla fine, come era ormai chiaro, il documentario non si può fare senza avere un contatto locale. Siamo da soli e circondati da una ventina di persone quindi non ci sembra il caso di tirare fuori telecamera e macchina fotografica.

Un signore con un numero tatuaggio malamente su un braccio ci offre una birra. Dopo aver passato un paio d’ore al bar, aver rollato sigarette per tutti e offerto qualche birra (in realtà tutte all’ubriacone del villaggio, Florin) decidiamo di andare a smontare la tenda e ripartire. Mentre andiamo ci seguono due ragazzini di quattordici anni, uno in monopattino.

Ci chiedono se abbiamo delle monetine da 5,2,1 centesimo di euro, ne hanno un astuccio mezzo pieno, gli diamo 2 Lei. Mentre smontiamo la tenda arriva un altro ragazzo che avevamo conosciuto al bar, è albino, ha 22 anni, non riesce a trovare una moglie (qui è già considerato zitello) e si chiama Florin anche lui. Ci dice che non dobbiamo restare un’altra notte lì perchè se rimaniamo un’altra sera ci ruberanno tutto. Dice che lì c’è la “mafia” anche se il suo concetto di mafia è molto vago…

Poco prima, però, al bar è arrivata una Bmw nera con i vetri scuri e la targa bulgara. Si ferma, tutti si avvicinano e dentro c’è un tizio che distribuisce soldi a un po’ di persone. Ce ne andiamo, ringraziando Florin di averci avvertito, anche se l’avrebbe capito chiunque…

Cicloturismo in Romania. La nostra strada dal confine Serbo a Brezoi

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